E tutto ebbe inizio dal frigorifero vuoto…
(Michele, Annalisa, Emilio, Patricia, Chiara)
Quel lunedì sembrava non finire mai. Giorgio uscì dal JRC che erano ormai quasi le 19. Era rientrato a Ispra la sera prima verso le 22:30. La mattina si accorse di avere il frigorifero praticamente vuoto e così sapeva che all’uscita dal lavoro lo avrebbe attendeso la spesa. Arrivò al supermercato armato della sua fedele lista per non scordarsi le cose essenziali. Un lungo giro fra gli scaffali con qualche piccolo extra fuori lista. La lenta fila alla cassa e finalmente al parcheggio sognando la cena… ma la sua auto non gli sembrava più essere parcheggiata in piano. Si avvicinò e notò la gomma posteriore a terra.
“Si, è opera mia, stronzo egoista che non sei altro!”, Giorgio alzò lo sguardo incredulo… Sandra era lì di fronte a lui, chiaramente ubriaca, emotivamente a pezzi, il trucco colava dagli occhi bagnati, una smorfia di dolore le deformava il viso, in mano un cacciavite. “Ora te la rigo pure, sai? Non ti basta trascurarmi per tutto il weekend? Ora ti sei inventato pure il corso di scrittura al CCR! E per me cosa resta? Una cena arrabattata il lunedì sera, con le quattro cose prese all’ultimo al supermercato scarso… Giorgio, io non voglio più continuare, merito qualcosa di meglio! E soprattutto tu meriti di peggio…” Sandra alzò il braccio col cacciavite in pugno…
Il gelo aleggiava su di loro e su quella scena come bloccata, quando videro un’ombra in movimento in quel lugubre e terrificante parcheggio del Tigros. Dapprima pensarono fosse stato solo un inganno della loro vista, fino a quando l’ombra si fece più vicina e una figura indistinguibile sbucò minacciosamente dalle macchine. Sandra reagì difendendosi con lo strumento che aveva in mano.
Era la signora Egbe, la mendicante di origine nigeriana, che aveva ritrovato nel carrello, in mezzo al parcheggio, la Louis Vitton di Sandra con all’interno 1.500 euro in contanti e gli anelli d’oro che Sandra si era tolta. Voleva solo restituire la borsa alla legittima proprietaria e ora si trovava distesa in una pozza di sangue.
“Sandra! Sei tu sei una povera pazza!” Giorgio le urlò con il cuore in gola. Le afferrò la mano bloccandola, le tolse il cacciavite con un colpo brusco e la spinse indietro. “Sei proprio una pazza!” ripetè con gli occhi che gli uscivano dalle orbite. Prese il cellulare e chiamò il 112 mentre con l’altra mano cercava di fermare l’emorragia della povera donna riversa a terra. In quel momento un uomo usciva dal supermercato e si stava avvicinando alla macchina. Vide Giorgio con una mano sul collo della mendicante e il cacciavite a fianco. Sandra piangeva disperata seduta a terra mentre si sentivano le sirene dell’ambulanza.
Giorgio gettò il telefonino per usare entrambe le mani nel disperato intento di salvare la vita ad Egbe. Sandra, tra i singhiozzi, afferrò il cacciavite e con uno scatto si mise a correre. Correva, piangeva e urlava in mezzo alla strada, una scena di disperazione e follia indescrivibile.
L’ambulanza non la vide nemmeno, si sentì solo un tonfo sordo quando la centrò in pieno entrando nel parcheggio dalla via principale, un angolo buio che il fato mise lì a rendere ancora più cruenta la scena.
Di colpo Sandra smise di urlare. Di colpo Egbe smise di respirare. Di colpo tutto era cambiato.